Care amiche femministe, l’antiberlusconismo ci ha fregate

Ritanna Armeni

Care amiche, ci avete pensato? Fra qualche tempo, breve a quanto pare, Berlusconi non sarà più al governo. L’ultimo discorso di Fini a Perugia è stato chiaro: è solo questione di giorni e poi l’uomo che ha avuto il ruolo centrale nella politica di questo paese negli ultimi vent’anni sarà messo da parte. Cambierà la politica italiana? E in che modo? Difficile fare pronostici ma proprio in questi giorni sono attraversata da un dubbio che ci riguarda. Come faremo? Come faranno, senza Berlusconi, le donne, le filosofe, le giuriste, le politiche, le giornaliste che in questi anni si sono così tanto concentrate sul rapporto fra il premier e le donne, hanno protestato contro le sue camere da letto così affollate, si sono scandalizzate  per l’uso del corpo femminile, si sono indignate per le ragazze usate e poi buttate via? Contro chi protesteranno e inveiranno quando Berlusconi non ci sarà più?

Ve la dico tutta. In questi giorni sono attraversata da un terribile dubbio. Che le femministe si siano fatte giocare. Che in questi due anni si siano concentrate sul premier e sui suoi vizi e non abbiano più guardato  attorno a loro, a quello che succedeva alle donne e al paese. Che per parlare dei costumi sessuali del premier, per indignarsi, arrabbiarsi, abbiano perso di vista tante cose importanti. Certo il rapporto di Berlusconi con le donne è, a dir poco, squallido. Un macho anni 50, un anziano che si ostina a mostrare la sua presunta potenza sessuale, un  malato che vede nel  corpo femminile la conferma del suo potere e del suo ruolo. Tutto questo lo abbiamo scoperto alcuni anni fa e ce l’hanno confermato le parole di sua moglie Veronica Lario. Abbiamo fatto bene ad indignarci. Attaccare lui significava attaccare un modello maschile che evidentemente non era stato sconfitto e che era ancora forte. Il comportamento di un presidente del Consiglio, di un  uomo con un ruolo pubblico così importante lo giustificava, lo esaltava e, quindi, era doppiamente colpevole.

Ma poi, impercettibilmente, l’indignazione e la lotta contro quel ruolo e quel modello maschile è diventata lotta e indignazione solo contro l’uomo Berlusconi. E, a questo punto,  siamo cadute nella trappola. Abbiamo dimenticato che il presidente del Consiglio rappresentava un mondo maschile ancora molto forte,  abbiamo messo da parte la giusta diffidenza che abbiamo sempre coltivato nei confronti degli uomini che predicano bene, ma poi razzolano male, abbiamo trascurato la ricerca autonoma del nostro pensiero. In breve il femminismo si è confuso con l’antiberlusconismo e con la lotta di opposizione al premier, si è intrecciato con un moralismo che si concentra sulle colpe del singolo e non sulla subcultura profonda e diffusa di cui sono espressione. E ci siamo dipinte, noi donne, come vittime, come corpi usati e buttati via.  Alla fine esattamente come Berlusconi e tutti gli uomini che lui rappresenta ci vedono e ci vogliono. Ma, accidenti, non è così. Noi non siamo così. Le donne oggi non sono le vittime di una società maschile, sono le protagoniste di un mondo che sta cambiando e che a grandi passi sta demolendo la realtà e il simbolico degli uomini.  Hanno ancora molte difficoltà da superare, ma difficoltà appunto, non ostacoli insormontabili.

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