Vi prego anzi, no, vi scongiuro: non paragonate più l’ Italia a Yemen, Tunisia ed Egitto.
Ve ne supplico!
Perchè questo mi fa capire che voi della situazione economica, sociale e politica di quei Paesi non ne sapete una ceppa.
L’ Italia ha avuto un crollo culturale ed economico incommensurabili ma posso assicurarvi che la nostra situazione è ben diversa.
Se gli italiani e le italiane non isorgono in una guerriglia armata è solo perchè chi è in miseria si attacca ai genitori in pensione o occupati.
Perchè quello che non ci fa insorgere è la generazione precedente, quella con lo stipendio ancora intatto.
E nonostante questo aggrapparsi ahimè obbligatorio, imposto da quei quattro ceffi cafoni, schifosi, mafiosi, ci sfiacchiamo ad organizzare manifestazioni, sit-in, proteste.
Molti altri cliccano perchè vi ricordo che a differenza di migliaia di poveri egiziani, noi migliaia di poveri italiani abbiamo un computer e una connessione, abbiamo Facebook e le newsletter. Twitter è ancora per pochi eletti.
Non me la sento di paragonare me stessa ad un ribelle povero in canna e con nulla avanti.
Nessun italiano di 20’anni si brucerebbe vivo in piazza ( come fece un noto cittadino di Praga anni fa!) e non perchè siamo pigri e Brunettamente inetti.NO.
Perchè noi siamo vicini alla sottile linea rossa, vicini al confine, non lo abbiamo ancora oltrepassato. E non dimenticate anche di tutta quella schiera di fascistoidi, pronti a difendere a spada tratta un Governo rancido e marcio, per il solo gusto masochista di aspettare o la fine inevitabile oppure il Miracolo.
Ci troviamo in un Paese che ha perso una miriade di persone ingamba, tutte autoesiliate all’estero.
Pochi di noi resistono qui perchè hanno costruito qualcosina o perchè non hanno abbastanza soldi per scappare oppure..perchè è troppo tardi, troppo, troppo tardi.
Non dimenticate che ci sono miriadi di laureati a piede libero, persone intelligenti che a tentoni vanno avanti, si accontentano, sperano, pregano che tutto si sistemi.
E quelle famiglie medie che rappresentano la maggior parte di noi? Sono in preda ad attacchi di ansia, stress, stanche.
Siamo tutti mescolati insieme in questo circo ridicolo, tutti a trascorrere quelle ore d’aria fra un lavoro sottopagato, uno stage , lavoretti a tempo determinato, piccole aziende comprate con la liquidazione di mammà e papà e manifestazioni.
E perdonatemi ma il popolo italiano teme di perdere anche quel piccolo briciolo che possiede, quel bricioletto ottenuto sacrificando una marea di cose, quella piccola bisaccia con 3-4 cose per la sopravvivenza dentro.
La rivolta del popolo avviene quando togli anche quel briciolino dalle mani degli schiavi-cittadini.
Noi per ora restiamo così, aggrappati e chi ha la fortuna di avere una famiglia che puo’ permettersi di lasciare ai propri figli qualcosa ( una buona liquidazione, delle case, un terreno ecc.ecc.), per quanto faccia, per quanto dica, sentirà addosso sempre la sensazione di avere una seppur minima chance.
E’ questa l’ Italia, è questo il modo in cui ragionano gli italiani e non venite a dirmi che non è vero, sono stufa di annuire per compiacere balle e scuse.
mai lessi parole più sagge e tragicamente veritiere…
Concordo pienamente. Se la situazione nei paesi poveri africani e del medioriente è tragica, la nostra è tragicamente triste. Quella tristezza di chi si sente sopraffare dalla mancanza di chance da una parte e dalla marea di malaffare e legge della giungla dall’altra. Nonostante questo ci sforziamo di uscire e protestare, scriviamo, insistiamo, tentiamo di crederci… Però abbiamo bisogno di un ideale, senza il quale lo spirito si addormenta. Sicuramente questo ideale non può essere l’antiberlusconismo (mi rifiuto di pensare che un rifiuto umano come quello rappresenti un ideale!) però, per iniziare, forse può andare.
Intanto allontaniamo il bubbone, dico io, poi c’è tutto un recupero culturale da portare avanti. Ecco, mi piacerebbe che il 2011 fosse l’anno della rinascita democratica e culturale del nostro paese, studenti in marcia con gli operai e non più guerra fra i poveri tra occupati e precari ma una grande e potente lotta comune.
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